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lunedì 6 gennaio 2014

OPERA OMNIA DISTRIBUZIONE GRATUITA

OPERA OMNIA
DI PRE ANTONIO BELLINA,
AL VIA LA DISTRIBUZIONE GRATUITA
NELLE BIBLIOTECHE DEL FRIULI
Un grande patrimonio letterari
o da conservare e diffondere:
l’Opera Omnia
di pre Toni
Beline sta per essere distribuita gratui
tamente nelle prossime settimane nelle
biblioteche della provincia di Udine. Un do
no offerto per volontà del Presidente della
Provincia di Udine, Pietro Fontanini, nell’
ottica di promuovere le produzioni del
‘profeta scomodo’ e contestualmente la cultura
e la lingua in marilenghe. Il progetto di
sensibilizzazione culturale de
l Bellina-pensiero s’inserisce all’interno del protocollo
d’intesa sottoscritto nel 2008 dall’associazione
Glesie Furlane
e dalla Provincia di Udine
con l’obiettivo di valorizzare gli scritti del sacerdote, appositamente stampati, nel
corso di questi di anni, in
un’opera completa ed integrale, dal Servizio Promozione
Identità, grazie ai finanziamenti erogati ai
sensi delle leggi regionali 1 e 24 del 2006.
La distribuzione dell’
Opera Omnia
nelle biblioteche riguarderà tutto il Friuli storico,
quindi anche alcuni comuni delle province di
Gorizia, Pordenone e Trieste. Il Presidente
Fontanini esorta i responsabili delle biblioteche a “mettere bene in mostra questi
volumi per sollecitarne la lettura fra i friulani”. Non nasconde Fontanini la sua
speranza, ovvero che il patrimonio lasciatoci in eredità da pre Bellina possa essere fatto
conoscere dai giovani, un’opport
unità unica per implementare il loro bagaglio”. Il fatto
è che Antoni Beline era un prete scomodo (c
ome lo era stato don Placereani); un prete
molto vicino alla gente, ma poco propenso
alle pubblicità, a farsi immortalare o ad
attraversare i corridoi del potere e dei palazzi. Tutti ricordano il libro
La fabriche dai
predis
che gli costò la censura da parte dell’autor
ità religiosa, al punto da farlo sparire
dalle librerie. Di preti ritenuti scomodi, in
effetti, il Friuli - terra di profondo
radicamento religioso - ne ha prodotto più d'uno; basti ricordare David Maria Turoldo,
“ma è anche da questi esempi che dobbiamo trarre linfa per riappropriarci delle nostre
radici”. Una delle tanti frasi esemplari di pre Belina risuona di forte attualità:
“Dobbiamo promuovere l’idea di un Friuli che non cerca di salvarsi a tutti i costi dalla
modernità, ma che sia in grad
o di affrontare con la global
izzazione e confrontarsi con
essa. La globalizzazione senza il localismo è una scatola vuota, così come l’inglese
senza le lingue e le culture locali”.

La fabbrica dei preti

La fabbrica dei preti

di e con  Giuliana Musso
assistenza e ricerche fotografiche di Tiziana De Mario responsabile tecnico Claudio Parrino collaborazione allestimento di Massimo Somaglino
realizzazione video a cura di Giovanni Panozzo e di Gigi Zilli elementi di scena a cura di Francesca Laurino ricerche bibliografiche Francesca Del Mestre consulenza musicale di RiccardoTordoni canzoni e musiche di Giovanni Panozzo, Daniele Silvestri, Massimo Serli e Maxmaber Orchestra, Mario D’Azzo, Tiromancino.
organizzazione Miriam Paschini produzione La Corte Ospitale, Rubiera (Re)

“Entriamo assieme nella grande fabbrica silenziosa. Prima, però togliamo il cappello e fermiamoci un attimo a pregare per tanta manovalanza sacrificata e rovinata in tutti questi anni e secoli. E, facendo uno sforzo, spendiamo un requie anche per le maestranze. Forse anche loro vittime di un sistema che uccideva l’uomo illudendosi di onorare quel Dio che l’aveva creato a sua immagine e somiglianza.”
Da “La fabriche dai predis” di Don Antonio Bellina 
I seminari degli anni ’50 e ’60 hanno formato una generazione di preti che sono stati ordinati negli anni in cui si chiudeva il Concilio Vaticano II e si apriva l’era delle speranze post-conciliari. Una generazione che fa il bilancio di una vita. Una vita da preti che ha attraversato la storia contemporanea e sta assistendo al crollo dello stesso mondo che li ha generati.
La dimensione umana dei sacerdoti è un piccolo tabù della nostra società sul quale vale la pena di alzare il velo, non per alimentare morbose curiosità ma per rimettere l’essere umano e i suoi bisogni al centro o, meglio, al di sopra di ogni norma e ogni dottrina.  I seminari di qualche decennio fa hanno operato per dissociare il mondo affettivo dei piccoli futuri preti dalla loro dimensione spirituale e devozionale. Molti di quei piccoli preti hanno trascorso la vita cercando coraggiosamente uno spazio in cui ciò che era stato separato e represso durante la loro formazione si potesse riunire e liberare.  A questi preti innamorati della vita ci piacerebbe dare voce e ritrovare insieme a loro la nostra stessa battaglia per “tenere insieme i pezzi”.
Giuliana Musso

il trailer. 

http://www.youtube.com/watch?v=Xi_RK-0l52o


fonte: http://www.giulianamusso.it/wp/?page_id=342
LA FABRICHE DAI… LIBRIS. La ristampe di Eutanasie di un Patriarcjât

LA FABRICHE DAI… LIBRIS. Antoni Beline, La fabriche dai predis, Zirà 1999

La cuviertute dal libri
La cuviertute dal libri

“Stant che i sanz a son personis straodenariis rispiet a la normalitât, come stelis ch’a lusin tun cîl dut fumul, al è evident che ancje la lôr vite e jè diferente di chê de ‘massa damnatorum’, de ‘fole dai danâz’ che o saressin nô. La diference di fonde e jè la lôr vite interiôr, il lôr grât di gracie, la santitât de lôr anime, ma chest al è masse pôc pai nestris vôi curiôs e alore bisugne che la straordinarietât si palesi ancje par di fûr”.
Al è l’incipit di une des oparis plui significativis di pre Antoni Beline, li che al conte la sô la sô vocazion e la sô vite, che di chê vocazion e je stade condizionade e determinade.
Beline, si sa, al veve simpri tantis robis di dî, di contâ, di scrivi. Al veve une largje pradarie dulà cjapâ sù il so fen: la Bibie, prin di dut, ma ancje ducj i libris che al veve let, une culture a 360 grâts che i permeteve no dome di nudrî la sô anime, ma ancje di pandile, di resonâ sui problems e su la nature dal om, sul so rapuart cun Diu, su lis domandis ultimis (o primis) che ogni jessi uman si pon, timp o tart.
In chest libri, salacor il plui ‘patît’ di ducj i siei, al met in lûs la sô donazion totâl al progjet che Diu al veve fat su di lui e par lui e, intal stes timp, il marum pe struture dal ‘seminari dulà che al va a vivi che no simpri si palese a la altece de grande puritât de sô vocazion. Lis polemichis che a àn compagnade la jessude dal libri plui di dîs agns za fa, no àn tignût cont, mi pâr a mi, di trop che al pues sedi constât a pre Toni di butâi al public une critiche cussì precise de institituzion che in fin dai fats, lu rapresente, che lu ten drenti. E je vere che no dutis lis pagjinis a son de stesse intensitât, ni dutis cussì claris e e je ancje vere che il spirt polemic di pre Toni nol mancje mai, scuasi un gust pe provocazion. Ma la opare e reste une testemoneance straordenarie di un mont plen di contradizions e di debilecis, sicu che je simpri la vite di ognidun di nô. Al dopre la vuiscje, pre Toni, cence remission. Ma al è cussient che chês vuiscjadis no puedin no fâi mâl ancje a lui.
Di chê altre bande e ven fûr in dute la sô penzece, la sô vicende umane, scuasi une autoanalisi, che e ingrope pe scletece di ciertis confessions di un om che al à scugnût scombati par sedi degn de sô vocazion.
La Fabriche dai predis, alore: al è just il titul cun dut ce che di critic il tiermin “fabriche” al puarte cun se. Ma ancje la storie di une vite: “Mame, mi plasarès lâ predi”… ■

Laurin Zuan Nardin

fonte: http://www.lapatriedalfriul.org/?p=8917
 

La fabrica dei preti

Ispirato da 'La fabriche dai predis' di Don Pierantonio Bellina


Fabrica dei pretiMercoledì 27 febbraio alle ore 21.00 al Teatro Palamostre, va in scena La fabrica dei preti, titolo ispirato da La fabriche dai predis di Don Pierantonio Bellina, di e con Giuliana Musso.
Lo spettacolo viene proposto nell'ambito della rassegna Akrópolis.13 – Percorsi di teatro civile.
“Entriamo assieme nella grande fabbrica silenziosa. Prima, però togliamo il cappello e fermiamoci un attimo a pregare per tanta manovalanza sacrificata e rovinata in tutti questi anni e secoli.E, facendo uno sforzo, spendiamo un requie anche per le maestranze.Forse anche loro vittime di un sistema che uccideva l’uomo illudendosi di onorare quel Dio che l’aveva creato a sua immagine e somiglianza.”
Da “La fabriche dai predis” di Don Antonio Bellina
I seminari degli anni ’50 e ’60 hanno formato una generazione di preti che sono stati ordinati negli anni in cui si chiudeva il Concilio Vaticano II e si apriva l’era delle speranze post-conciliari. Una generazione che fa il bilancio di una vita. Una vita da preti che ha attraversato la storia contemporanea e sta assistendo al crollo dello stesso mondo che li ha generati.
La dimensione umana dei sacerdoti è un piccolo tabù della nostra società sul quale vale la pena di alzare il velo, non per alimentare morbose curiosità ma per rimettere l’essere umano e i suoi bisogni al centro o, meglio, al di sopra di ogni norma e ogni dottrina. I seminari di qualche decennio fa hanno operato per dissociare il mondo affettivo dei piccoli futuri preti dalla loro dimensione spirituale e devozionale. Molti di quei piccoli preti hanno trascorso la vita cercando coraggiosamente uno spazio in cui ciò che era stato separato e represso durante la loro formazione si potesse riunire e liberare. A questi preti innamorati della vita ci piacerebbe dare voce e ritrovare insieme a loro la nostra stessa battaglia per “tenere insieme i pezzi”.
Biglietteria:
Teatro Palamostre:
tel. 0432.506925
da martedì a sabato - dalle 17.30 alle 10.30
on line sul circuito Vivaticket
intero € 18 – ridotto€ 15 – giovani e studenti € 12
Info:
Teatro Club Udine 0432.507953 – www.teatroclubudine.it
mail to : info@teatroclubudine.it

La fabriche dai predis

La fabriche dai predis

Dut al è gracie.
Diari di un curât di campagne, Georges Bernanos

C'è un libro di un prete friulano, Antonio Bellina, scritto in friulano, edito da una casa editrice friulana e dedicato alla sua esperienza di ragazzo friulano in un seminario friulano negli anni '50: potenzialmente un vero e proprio incubo, se soffrissi anche solo di una lieve forma di campanilismo, e anche una potenziale occasione di dare sfogo alla mia parte più anticlericale, se mai avvertissi la necessità di sfoghi di questo tipo. Solo che nel caso de La fabriche dai predis (La fabbrica dei preti) sarebbe un gioco troppo facile, sia per il suo contenuto, una testimonianza diretta sul sistema del seminario cattolico, per illustrare le cui regole e ritualità volte ad annullare la personalità e la pienezza dell'essere uomo rispetto alle esigenze di un sistema a lui superiore l'autore ricorre a continui paragoni con i regimi totalitari, sia perché il volume è stato ritirato dal commercio e pare ne sia stata vietata la traduzione in italiano.

Tuttavia, non provo queste sofferenze né ho di queste necessità, quindi niente incubi e niente sfoghi o denunce, che si trovano già ben documentate a dispetto degli ostacoli posti alla diffusione del libro. Come in altre occasioni, ne riporto solo qualche passaggio per lasciare traccia del modo in cui pre Antoni guardava il mondo - riconoscendone la gracie dappertutto e restituendola con il suo bellissimo friulano - , per rendere un marginale, ma concreto omaggio a Dovlatov, che riusciva ad estrarre passaggi lievi anche da Delitto e castigo, uno dei classics de leteradure russe che Antoni amava leggere e, infine, per ricordare a chi si scandalizza a causa del ritiro del libro dal commercio e del suo divieto di traduzione che il friulano non è l'ungherese, che esistono le biblioteche, che ben quindici di queste ne sono attualmente provviste, ma che in tutta certezza uno degli almeno quindici esemplari non è al momento disponibile in quanto dato in prestito ieri.
Jo o soi nassût ai 11 di fevrâr dal 1941. In chê dì la glesie e ricuarde l'aparizion de Madone di Lurt a sante Bernardete. Puedial esisti un sant che nol seti nassût o muart tune dì dedicade a la Madone? Si à di tignî cont che, a diference de int normâl che e vîf tune cotidiane casualitât, pa lis animis eletis no esist casualitât e dut à un significât, comprendûz i dîs dal lunari.
Cuanche o stavi par nassi, mê mari si è insumiade che, denant dal altâr de Madone, al ere un frut vistût di predi, cu la toneute nere e la cuetute blancje, dut intent a cjalâr la Madone e a preâ. In chê volte no si saveve, come cumò, se al nasseve frut o frute, e jo no ieri l'unic mascjo de famee, vint un fradi plui grant di me e un plui piçul. Mê mari no à fat nissun sium cun nissun âtri e duncje si pò dî cun relative sigurece che chel predessut o eri jo. Dut chest lu ài savût cetant in ca, dopo predi, e mi à simpri fat un pêl di impression. Difat, cuant che mi domandin il parcè che o soi jentrât in cheste congreghe mate e salvadie, o rispuint che no cjati une reson particolâr ma che no mi visi di un moment de vite che no veti pensât di fâ chest mistîr. Come se o fos stât condanât a cjapâ cheste strade. 
Sono nato l'11 febbraio del 1941. In quel giorno la chiesa commemora l'apparizione della Madonna di Lourdes a santa Bernardette. Può esistere un santo che non sia nato o morto in un giorno dedicato alla Madonna? Bisogna tener conto che, a differenza della gente normale che vive una quotidiana casualità, per le anime elette non esiste casualità e tutto ha un significato, compresi i giorni del calendario.
Quando stavo per nascere, mia madre ha sognato che, di fronte all'altare della Madonna, c'era un bambino vestito da prete, con la tunichetta nera e il colletto bianco, tutto intento a guardare la Madonna e a pregare. Allora non si sapeva, come oggi, se chi nasceva era maschio o femmina, e io non ero l'unico maschio della famiglia, avendo un fratello più grande di me ed uno più piccolo. Mia madre non ha fatto nessun sogno con nessun altro e dunque si può affermare con assoluta certezza che quel piccolo prete ero io.
Tutto questo l'ho saputo molto dopo, quand'ero già prete, e mi ha sempre fatto un pò di impressione. Infatti, quando mi chiedono perché sono entrato in questa congrega di matti e selvatici, rispondo che non trovo una ragione ben precisa, ma che non ricordo un momento della mia vita in cui non abbia pensato di svolgere questo mestiere. Come se fossi stato condannato a prendere questa strada.
Mi vevin spedît di Cjastelîr il formulari e si veve di tornâlu firmât entri il mês d'avost. Alore o ài fat come lis fiis di Lot che a volevin vê une dissendence di lôr pari, come che nus conte la Bibie tal cjap. 19 de Gjenesi. Par vêlu in lôr podê, lu àn incjocât. Jo o vevi metût vie cualchi palanche fasint il mocul tai funerâi e cussì no mi è stât dificil comprâ un fiasc di vin e cjapâ gno pari pal cuel.
Sul imprin al à nasade la fuee e no si fidave. Plan plachin si è smolât pareceche il vin al servis ancje par smolâ i frens inibitoris e par smamî la luciditât. Po e ven la fase de comozion e de cjoche vajote e gno pari al à tacât a vaî dut content e incorât che un fì al les predi. Al ere il moment just par me e fatâl par lui. Al à firmât un pôc stuart e jo o ài spessât a tirâtj vie il document. No volevi che m'al maglas di vin e soredut no volevi che m'al sbregas tun colp di rinsaviment.
Seben che o eri frut, la vite mi veve madressût a la svelte, a la scuele dure ma feconde de puaretât e dai fastidis. O ài cjapât il sfuei di protocol, lu ài strent al cûr come che san Tarcisio al strengeve lis particulis e le ài tovade. Gno pari al à capît che al veve fat alc che nol veve di fâ e, tigninsi dûr miei ch'al podeve, mi à corût daûr pe contrade e mi à tirât ancje doi cugui che a varessin podû rompimi la crepe, se jo o ves vude mancul buine gjambe e lui plui buine smicje. O sai che no jè la miôr robe che o ài fate. O sai che in chel moment no erin âtris possibilitâz e che no lu fasevi par puartâj via la robe ma par sugurâmi la libertât di lâ pe mê strade. Une strade che salacôr no mertave tantis vitis, pes delusions che mi à dadis.
Mi avevano spedito da Castellerio il formulario e bisognava restituirlo firmato entro il mese di agosto. Allora ho fatto come le figlie di Lot che volevano avere una discendenza dal loro padre, come ci racconta la Bibbia nel cap. 19 della Genesi. Per averlo in loro potere, lo hanno ubriacato. Avevo messo via qualche soldo facendo il chierichetto ai funerali e così non mi è stato difficile comprare un fiasco di vino e prendere mio padre con quello.
Sulle prime aveva annusato la foglia e non si fidava. Piano piano si è lasciato un po' andare, perché il vino serve anche per allentare i freni inibitori e per annebbiare la mente. Poi viene la fase della commozione e dell'ubriacatura triste e mio padre ha iniziato a piangere tutto contento e orgoglioso che un figlio diventasse prete. Era il momento buono per me e fatale per lui. Ha firmato un po' storto e io gli ho subito tolto di mano il documento. Non volevo che me lo macchiasse di vino e soprattutto non volevo che me lo strappasse in un momento di lucidità.
Nonostante fossi ancora un bambino, la vita mi aveva maturato alla svelta, alla dura ma ricca scuola della povertà e dei problemi. Ho preso il foglio di protocollo, l'ho stretto al cuore come san Tarcisio quando stringeva le particole e sono scappato. Mio padre ha capito subito di aver fatto qualcosa che non avrebbe dovuto fare e, cercando di reggersi meglio che poteva, mi è corso dietro per tutta la contrada e mi ha anche lanciato due pietre che avrebbero potuto spaccarmi la testa, se io avessi avuto gambe meno forti e lui una migliore mira. Lo so che non è la cosa migliore che ho fatto. Lo so che in quel momento non c'erano altre possibilità e che non l'ho fatto per portargli via i suoi averi, ma per assicurarmi la libertà di andare per la mia strada. Una strada che forse non meritava tanti sforzi, per le delusioni che mi ha dato.
In te cancelerie a vevin juste il stret necessari, no chei stragjos di cumò, cun mil marcjs diferentis. Par lavâsi i dinc' a vevin il Colgate. Al costave dusinte francs. Un dì un clericut gnûf di Curnin, Molinaro Leo, al è stât mandât dal prefet a comprâsi il dentifricio, che no 'n' veve. Al à domandât un tubet. Il cleric grant j à domandât: "Colgate?". Chel âtri j à domandât: "Quanto costa?". "Duecento lire" j à respundût il buteghîr. "Allora me lo dia senza" al à suspirât biât Leo, ch'al veve dome cent e cincuante francs. Al pensave che a esistessin tubez "col-gate" o cence, plui a bon prestit.
In cancelleria avevamo lo stretto necessario, non quelle stragi di oggi, con mille marche diverse. Per lavarsi i denti avevamo il Colgate. Costava duecento lire. Un giorno, un nuovo chierichino di Cornino, Leo Molinaro, era stato mandato dal prefetto a comprarsi il dentifricio, ché non ne aveva. Ha chiesto un tubetto. Il chierico più adulto gli ha chiesto: "Colgate?". L'altro gli ha chiesto: "Quanto costa?". "Duecento lire" gli ha risposto il bottegaio. "Allora me lo dia senza" ha sospirato ingenuamente Leo, che aveva solo centocinquanta lire. Pensava che esistessero tubetti "col-gate" o senza, più a buon mercato.
Une robe biele di chel seminari al ere il curtilon lung e larc come dutis lis dôs alis e, plui in sù, la pinete cul cjamp di balon. Jo no soi mai stât un sportîf o un žujadôr ma instes mi plaseve dut chel splaç contornât di une cise folte ma che ti permeteve instes di cjal lis culinis dal Friûl e, in lontanance, la splendide cjadene des nestris monz. Ti faseve provâ chel sens di infinît ch'al scrîf il Leopardi, ancje lui presonîr tal so palaç nobiliâr. Forsit e jè la condane o la ilusion di duc' chei che a son in scjaipule: di viodi che la vite e scomence juste di là dal gàtar o dal barcon o dal mûr o de cise. 
Una cosa bella di quel seminario era il grande cortile lungo e largo come tutte e due le ali e, più in su, la pineta col campo da calcio. Io non sono mai stato uno sportivo o un giocatore, ma mi piaceva lo stesso tutto quello spiazzo contornato da una siepe folta, ma che ti permetteva lo stesso di guardare le colline del Friuli e, in lontananza, la splendida catena dei nostri monti. Ti faceva provare quel senso di infinito di cui ha scritto il Leopardi, anche lui prigioniero nel suo palazzo nobiliare. Forse è la condanna o l'illusione di tutti quelli che sono in gabbia: vedere che la vita comincia giusto al di là dell'inferriata o del balcone o del muro o della siepe.
La seconde esperience, plui traumatiche, biele, mistereose, le ài vivude a distance de un an, simpri d'istât. Si viôt che e jè une stagjon galiote o là che la vite e lavore cun plui fuarce. Si ere sul imbrunî di une di chês seris di prin setembar e o tornavi dongje de campagne, là che o passavi grant part dal gno timp di vacance dopo di vê atindût ai miei dovês religjôs di cleric. O eri content, come chê fantaçute dal Leopardi che soresere e tornave dongje dai ciamps furnide di routis e violis il pet e la cjavelade. O sai ancje il puest: te contrade dal patriarcje Bertrant, pôc distant di cjase. O stavi siviluçant e o coruçavi, no tant par cuistions di presse, ma pareceche la vite e coreve, ansit e trotave dentri di me. A un cert pont o ài sintût un gran cjalt pe muse e jù pal cuarp, come se mi dislides, un sfiniment dolç, une sensazion di rilassament gjenerâl, come se mi molassin lis fuarcis e la volontât non esistes plui. Un di chei momenz stranis che tu volaressis ch'a passassin e tal stes timp che a durassin par simpri. O ài tacât a cori plui svelt, cence savê il parcè, e cuant che mi pareve di no resisti plui, mi a passât dut, lassantmi in grande pâs. Ma ancje bagnât.
Clâr che no j ài contât nuje a dinissun. O clucivi dentri di me il gno segret sperant che chel moment al tornas, parceche al ere stât masse biel. Mi apartavi simpri plui dispes par tornâ a riviv cun dutis lis fuarcis e l'intensitât de memorie chel istant di paradîs che al veve trasformât il gno cuarp inmò gherp tune fontane di contentece. E intant mi tocjavi cence nissune malicie, come par riclamâ un sium e ripeti un meracul. E il meracul si è repetût puntuâl, ancje se no cu la stesse sorprese e intensitât de prime volte. Ancje jo, puar passarut solitari de campagne di Vençon, cence amîs nè divertimenz, cence distrazions o golis, o vevi cjatât il nît dai miei desideris. Une contentece che no costave nuje e o podevi vêle ancje jo, par tantis resons ža cjastiât e segnât de vite.
La seconda esperienza, più traumatica, bella, misteriosa, l'ho vissuta a distanza di un anno, sempre d'estate. Si vede che è una stagione galeotta dove la vita lavora con più forza. Si era all'imbrunire di una di quelle sere di inizio settembre e io tornavo in campagna, dove passavo gran parte del mio tempo delle vacanze dopo aver compiuto i miei doveri religiosi di chierico. Ero contento come la donzelletta del Leopardi che di sera tornava dai campi con roselline e viole sul petto e nei capelli. Mi ricordo anche il posto: nella contrada del patriarca Bertrando, poco lontano da casa. Stavo fischiettando e correvo qua e là, non tanto per questione di fretta, ma perché la vita correva e trottava dentro di me. Ad un certo punto ho sentito un gran calore al volto e lungo il corpo, come se mi sciogliessi, uno sfinimento dolce, una sensazione di rilassamento generale, come se mi venissero meno le forze e la volontà non esistesse più. Uno di quei momenti strani che vorresti passassero e che allo stesso tempo durassero per sempre. Ho cominciato a correre più svelto, senza sapere il perché, e quando mi pareva di non resistere più, mi è passato tutto, lasciandomi in una grande pace. Ma anche bagnato.
Chiaro che non ho raccontato niente a nessuno. Custodivo dentro di me il mio segreto sperando che quel momento tornasse, perché era stato troppo bello. Mi appartavo sempre più spesso per tornare a rivivere con tutte le forze e l'intensità della memoria quell'istante di paradiso che aveva trasformato il mio corpo ancora acerbo in una fontana di felicità. E intanto mi toccavo senza nessuna malizia, come per richiamare un sogno e ripetere un miracolo. E il miracolo si ripeteva puntuale, anche se non con la stessa sorpresa ed intensità della prima volta. Anch'io, povero passerotto solitario della campagna di Venzone, senza amici né divertimenti, senza distrazioni o voglie, avevo trovato il nido dei miei desideri. Una felicità che non costava niente e che potevo avere anch'io, per tanti motivi già cacciato e segnato dalla vita.  
Antoni Beline, La fabriche dai predis, Glesie furlane, 1999

Tra le sue numerose opere, Anotnio Bellina ha tradotto le fiabe di Esopo e quelle di Fedro e la Bibbia in friulano.
Paolo Rumiz ha citato La fabriche dai predis in una pagina del suo È Oriente dedicata al Friuli e ne ha scritto sul quotidiano Il PiccoloÈ grazie a lui che ho sentito parlare per la prima volta di Antonio Bellina.

fonte: http://buchi-nella-sabbia.blogspot.it/2011/06/la-fabriche-dai-predis.html

venerdì 25 febbraio 2011

LA FABBRICA DEI PRETI
Di pre Antonio Bellina
Don Pierantonio Bellina è uno degli scrittori friulani che più ha onorato, ed ancor oggi onora, la sua terra d'origine.
Con circa 40 libri pubblicati finora, compresa la meravigliosa e meritoria traduzione della Bibbia, resta, senza ombra di dubbio, uno degli autori più prolifici ed interessanti del Friuli, una voce libera, fervorosa e schietta.
Fra le sue tante produzione letterarie è doveroso prendere in considerazione un libro corposo ed intrigante, un lavoro di quattrocento pagine, che è lo specchio dell'uomo e del sacerdote che lo ha creato.
Completamente autobiografico, come la maggioranza degli scritti di don Bellina, racconta quella parte della vita dello scrittore che va dall'infanzia alla sua ordinazione sacerdotale, attraversando una parte della storia generale e personale, vissuta nel seminario di Castellerio ed in quello di Udine.
Il libro ha un titolo significativo: "La fabriche dai predis" (La fabbrica dei preti); va letto con il rispetto, la delicatezza, la serenità che richiede un'opera che mette a nudo l'anima di colui che
l'ha partorita. Un denudarsi comunque discreto, timoroso, mai sfacciato, un rivelarsi che riflette le grandi e piccole difficoltà del vivere in un ambiente chiuso fisicamente e psicologicamente.
Non per niente l'autore definisce il seminario anche come una prigione, un carcere non fatto da prigionieri ed aguzzini, ma da vittime, da una parte e dall'altra delle sbarre, vittime di una istituzione immobile e pauroosa, anche se giustificabile. Il racconto di Don Bellina è doloroso, a volte duro, sicuramnete sincero, e suscita una serie di emozioni: la pena, la partecipazione, la solidarietà, la comprensione... Ma nessuna delle quattrocento pagine lascia indifferenti:
"La fabriche dai predis" è un libro da avvicinare con rispetto, da leggere con passione; è un libro che fa aprire gli occhi su un mondo sconosciuto a gran parte della gente, che dà la chiave per spalancare la porta ad una diversa considerazione dei preti, soprattutto di quelli che oggi hanno una certa età.
E riesce a far capire il perchè di certi atteggiamenti del clero, aiuta a fugare le nebbie, a prendere coscienza di un modo di vivere lontano dal nostro ma che con il nostro è sempre in relazione.
Il consiglio, dunque, è quello di leggere questo libro con mente libera, senza pregiudizi, non per cercarvi avvenimenti curiosi o particolari, ma per avere una visione d'insieme di una realtà che non esiste più, ma che ha condizionato l'esistenza di tanti.
La figura del sacerdote, questa persona misteriosa che è il filo che ci lega al trascendente, avrà così un'altra collocazione nel nostro pensiero e nel nostro rapportarsi.

fonte: http://www.lenghe.net/read_art.php?articles_id=168&sk=chei&lang=it

martedì 20 luglio 2010

STORIE SACRE

STORIE SACRE

Questo libro (di gran formato) è L'ULTIMA FATICA letteraria in lingua friulana di pre Toni Beline, stampato nel marzo 2007 da LitoImmagine di Rodeano per conto di Glesie Furlane e uscito nelle librerie post mortem dell'autore.
Un tempo esistevano (esistono ancora?) vari libri che spiegavano ai bambini (ma anche ai grandi) la Storia Sacra, cioè gli episodi più importanti e più significativi del Vecchio e del Nuovo Testamento. Si trattava di opuscoli godibili, spesso ingenui, mediante i quali però molta parte degli adulti odierni ha inizialmente preso contatto con la Bibbia...

Ebbene questo libro si colloca in questa scia: vuole donare i primi rudimenti biblici ai bambini che sempre più spesso ignorano queste antiche storie sapienziali mentre sanno tutto di Pokemon e di Superman... secondo i canoni del politicamente corretto di oggi!

Ma la carettersitiche sostanziali di quest'opera sono tre, che diversificano nettamente questo libro dagli analoghi di un tempo e dai contemporanei:

1. Il libro è scritto in friulano e soprattutto nel friulano schietto e vivacissimo di pre Toni Beline.

2. Il testo non è in prosa ma in poesia (a rima baciata), attraverso cui la sensibilità dell'autore trova qui la massima ispirazione e la massima realizzazione. Pre Toni, conoscitore profondissimo della Bibbia (avendola egli tradotta interamente in friulano) riesce in maniera naturale a trasporre in poesia popolare concetti e fatti a volte anche difficili da realizzare in italiano e lo fa con semplicità e candore, senza forzature lessicali. Nè tralascia di proporre anche aspetti propri del suo credere e sentire come quando scrive:
Par chel la nestre glesie no jè dome catoliche
ma e vante une origjne apostoliche.
In gracie dai sants Ermacure e Fortunat
chi di nô al è nassût un patriarcjât.
riferendosi chiaramente alla evangelizzazione di Aquilieia da parte dell'apostolo ed evangelista Marco.

3. Le illustrazioni di Emanuela Riccioni costituiscono a loro volta delle vere e proprie opere d'arte in un'opera d'arte. Si tratta di illustrazioni, adattissime ai bambini, realizzate mediante collage di materiali vari che, in un amalgama ritmicamente ordinato, creano ambienti e figure che ben si adattano al testo poetico friulano a fronte. "E' come recitare una preghiera con i colori" sottolinea l'autrice.

La presentazione di questo splendido libro è di mons. Lucio Soravito, carnico di Mione di Ovaro, attualmente vescovo di Adria-Rovigo (l'unico vescovo carnico in circolazione!). In queste righe il vescovo traccia l'iter religioso-letterario di pre Toni Beline, riconoscendogli vari meriti, non ultima la capacità di saper spezzare il pane della Parola di Dio per coloro che non dimostrano di averne troppa fame... In cheste ete di savoltament,
e pò judati a cjatâ un orientament.

Il contenuto del libro presenta 24 episodi dell'Antico Testamento (Creazione del mondo, Peccato originale, Caino e Abele, il diluvio...) e ben 39 del Nuovo Testamento (Natale, i magi, il battesimo, le tentazioni di Cristo...).
Un testo poetico che potrebbe diventare un utilissimo ausilio scolastico nelle scuole materne e nelle elementari (garantisti religiosi permettendo), sia mediante l'apprendimento delle poesie sia mediante la visualizzazione delle figure...

Sperin benon... Speriamo che pre Toni Beline, dalla Casa del Padre dove attualmente si trova, mandi qualche segnale...

Per chi ha un bambino piccolo, questo libro rappresenta un magnifico ed utilissimo regalo, capace di sviluppare e di stimolare le migliori facoltà intellettive e umane e soprattutto in grado di indirizzarlo su un percorso formativo sicuramente positivo, che lo porterà ad una maturazione adulta consapevole ed equilibrata. Perchè, dopo tutto, qui si trova la sapienza dei nostri padri e delle nostre madri, dei nostri antenati, che hanno quotidianamente masticato e metabolizzato queste storie di vita alle quali spesso si uniformarono e sul cui insegnamento vissero.